lunes, 1 de junio de 2009

Recensioni del libro LA PAROLA 'FAVILLA' O LA RICOSTRUZIONE DI POMPEI (di Annelisa Addolorato, Ed. Amargord, Madrid 2008)




1) Recensione di Alberto Mori (ottobre 2008):

Nel 2004 vicino a Salt Lake City nel Nevada ,dopo quasi vent’anni, è riemersa miracolosamente l’opera di Land Art Spiral Jetty di Robert Smithson.
Una spirale di terra corrosa sui bordi dal sale che occupa una superficie di 4.000 mq,
impastata in situ, con le sue stesse mani ,dall’artista, e riapparsa ora in una forma
divenuta più solida di prima grazie ad una iodizzazione che l’ha resa ancora più lucente e
compatta.Questa inferenza d’arte contemporanea,acquista pertinenza suggestiva se
consideriamo lo scavo della parola effettuato da Annelisa Addolorato nel suo libro,
a Pompei, dove le forme laviche dei corpi sono state ritrovate dopo essersi calcificate
in calchi.La sua azione archeopoetica ha estratto metaforicamente i vissuti del
dramma e li ha restituiti con un verso in costante apertura verso un tempo sempiterno.
E’ dunque questo iato improvviso il riemerso attuale più toccante ai suoi occhi contemporanei che giungono in loco senza la distrazione turistica dei Bus Tour delle gite,ma con luce consapevole di sguardo, la quale sofferma su una forma atemporale che anche la distruzione tramanda e continuamente clama le percezioni viventi di ogni tempo.La poesia la testimonia.
La plaquette dell’Addolorato ha un andamento dosatile del verso.
In alcune poesie, rastremato nelle misure, viene sorvegliato con essenzialità.
In altre sperimenta una strofa più ampia, consona alla metrica della canzone che
culmina a p.98 in Clarisse e Eraserhead , dove l’ossessione filmica di matrice Lynchiana, avezza alla crudeltà magica del quotidiano, viene coniugata nelle reiterazioni ritmiche
con il passo prosastico di Musil.
Ne nasce una double stop motion di poesia:
La salvezza dal vulcano in eruzione viene proiettata in una soggettiva allucinatoria
coniugata e virata contemporaneamente in un piano sequenza collettivo di fuga totale verso il mare.
Quando Auguste Rodin camminava nello studio vuoto attorno alla materia ancora informe
si fermava e disegnava il suo punto di vista e contemporaneamente poneva la scultura
in gestazione nello spazio visivo dello spettatore mentre un secolo dopo George Segal
crea calchi iper realisti direttamente dai corpi dei modelli, interrogati e stimolati alla parola
durante l’esecuzione dell’opera, per plasmare anche la sostanza psichica esistenziale
durante le stratificazioni in progress dei materiali.
A questi procedimenti Annelisa Addolorato accosta il referto lirico della parola con
una mutazione fusionale ed effusiva verso questi corpi/calchi che divengono nuovamente
stigme in movimento nel testo, canti e balli che vanno verso un teatro antico dove il
vulcano ha arso crudelmente anche le rappresentazioni delle vittime.
La poetessa sente nascere da questi gusci istantanei di maschere in memento
mori il simbolo del fluido resistere al naufragio del senso.
Allora l’elemento dell’acqua con la sua accoglienza fresca dilava la parola ,quasi a far finalmente respirare gli scomparsi nella pioggia di fuoco.
La parola “Favilla” o La Ricostruzione Di Pompei ha nella musica una componente
fondamentale che il lettore è chiamato a condividere, poiché nei suoi cambiamenti
d’accento tonale per ogni poesia, nasce un diverso disvelamento:
Dal minimo sedimento della nota capace di vincere la contraddizione al lieder che
raggiunge l’anfratto del dolore fino al flamenco armonico che discioglie gli uditi
acri e discende come il bateau del film Atlantis di jean Vigo con l’acqua che porta amore.
Questo contrappuntismo di senso/parola / musica ha una progressione che trattiene
sempre sottotraccia il tema della possibilità di una rinascita e sospinge oltre, al
canto estremo di quel momento tragico in cui il respiro solido diviene presente sovraumano.La fanciulla permane presente, melodiata nella scomparsa e
con questa carezza sonora la poesia di Annelisa Addolorato accende la favilla.


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2)
Recensione di Agustín Calvo Galán, apparsa su http://visualpoetry.blog.com.es il 12 ottobre 2008:

La reconstrucción de Pompeya, por Annelisa Addolorato
La reconstrucción de la Antigüedad clásica greco-latina ha sido una de las tareas que Occidente ha llevado a cabo en los últimos siglos con gran esfuerzo científico, de forma pluridisciplinar, e imaginativo y que más nos ha acercado hacia nosotros mismos, hacia el origen de nuestras culturas. No se ha tratado únicamente de realizar una reconstrucción material o arqueológica, sino también de la recuperación de las raíces mediterráneas que nos definen. La poeta e hispanista italiana Annelisa Addolorato, en su reciente libro La palabra "lasca" o la reconstrucción de Pompeya, en edición bilingüe (italiano y español) de Amargord ediciones (Madrid, 2008), nos brinda un estimulante diálogo entre el presente (las ruinas de Pompeya) y la Antigüedad (el cataclismo que las sepultó). La paradoja ha querido que aquel desastre, que destruyó una ciudad y mató trágicamente a tantas personas, haya permitido su conservación a lo largo de los siglos, siendo hoy una de las mejores posibilidades que Italia nos brinda para pasear por la Antigüendad sin poner en marcha ninguna máquina del tiempo. Entre las magníficas ruinas del presente, recorridas por turistas atónitos, y el desastre producido por el omnipresente Vesubio, la autora hace revivir las voces de las personas que habitaron la aquella ciudad:

Entendimos la extrema,
extraña, loca ofrenda
que nos pidió
para hacernos inmortales.

(pág. 27)

Es así como las referencias se multiplican entre la contemplación de las ruinas actuales, donde algunos de los cuerpos que habían quedado sepultados bajo la lava y las cenizas se exhiben petrificados, en urnas de cristal, y las voces imaginadas y revividas por Annelisa en sus poemas, desde una cierta identificación personal -o, como se dice ahora, empatía-, devolviéndonos los ecos de la catástrofe, así como del tiempo que les tocó vivir.
Bajo las capas del tiempo y las voces recreadas, suyace la permanencia de la Antigüedad, su supervivencia hasta nuestros días, y que Annelisa expresa maravillosamente al redescubrir una palabra grabada, la palabra "lasca", inserida en la piedra: la permanencia del lenguaje y las formas antiguas, la etimología de nuestras lenguas latinas.
La autora se mueve entre culturas e idiomas con la habilidad de quien ama apasionadamente la creación literaria, sin fronteras, ni siquiera las lingüísticas, en un único idioma posible, gracias a una voz poética bien definida y llena de gratas sorpresas.


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*Dove trovate il libro? A Milano, alla libreria SCALDAPENSIERI, V. Don Bosco, davanti al n. 38 (Metro Brenta).

In Spagna, distribuito in tutto il paese dalla casa editrice AMARGORD.
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